AL MIO PAESE
Paese mio,con il castello, le chiese, la torre
i campanili con le campane festanti,
le rondini che garrendo e girando gioiose gran festa ti fanno.
A guardarti così sembri felice,
ma scrutandoti da vicino appari stanco
con le crepe come le rughe delle case antiche, con i vicoli,
i portici, le piazzette da sempre popolate come presepi
e le strade percorse da pastori e dottori,
umili e potenti, ricchi e poveri, ridenti e piangenti,
ma soprattutto tante, tante altre genti.
E così, pur non conoscendo il dialetto
basta guardare tra muri e portali gli stemmi austeri
con i loro misteri le smorfie antiche, mute,
ferme nei secoli fatti per dire alle genti forgiate nei tempi
che quelle costruzioni nel loro silenzio testimoniano,
continuano e custodiscono preziosi segreti di vita passata.
Intanto il venticello d’estate racconta le cose più belle,
con quella cantilena che passa tra i vicoletti,
accarezza le guance alle ragazze
e sussurrando all’orecchio dei giovani lo racconta,
porta l’odore dei fiori e dei frutti della bella stagione
e alle giovani i baci che gli schioccano i fidanzati lontani.
Il vento d’inverno invece con il suo lamento
racconta le cose più brutte: le guerre, la fame, la miseria
e altre cose che la lavagna dei muri con scritta la sua storia
ribadisce a tutti che il vento di modernità
fatto di marmi, maioliche e cemento, che disordinatamente
ha snaturato gioielli d’arte di antichi maestri
queste cose non le potrà mai cancellare.