SOLITUDINE
Con il ricordo di una vita sbagliata,
con il tormento e l’amarezza del frutto di un amore mancato,
con all’orizzonte l’ombra della quasi certezza della solitudine.
L’essere giunto alle porte della vecchiaia,
segnato profondamene nell’intimo, con l’animo errante
come un ago della bussola, alla ricerca della giusta rotta và.
E così, tentando di reagire a questa solitudine,
con le nocche delle dita e mano tremante, bussa ad una porta.
Le palpebre sono socchiuse e lasciano intravedere le pupille stanche
e un iride che sicuramente non è un arcobaleno di luce,
ma che quasi spento, non illumina che
la profonda depressione dipinta su quel volto.
E all’aprir della porta voci, canti e grida da dentro allegri vengono,
il cuore pieno di speranza allora già sussulta
e il sogno accarezzato da tempo, quello di avere un po’ di compagnia, pare si avveri.
E parlare, ridere, scherzare, insomma, per un po’ avere una famiglia,
non par più un utopia, ma una realtà.
Ma alla vista di tanta gioia, per non rovinar quella bellezza,
questi prima esita, tentenna… Poi di colpo le forze vengono a mancare.
E così l’essere, tornando in abbandono morale,
rifiuta l’idea di elemosinare compagnia,
fuggendo con la sua solitudine.
E mentre i brutti pensieri in quei momenti erano svaniti,
rapidamente tornano in primo piano.
Tanto che i bambini incuriositi, insieme alla mamma
avvicinatisi all’uscio non vedendo alcuno,
con lo sguardo interrogandosi tra loro per sapere chi era,
sentono mormorare dalla mamma che aveva visto fuggire l’ombra:
"Era la solitudine, che, per non portar tristezza in casa nostra,
ha preferito tornare ad essere sola".