Autunno (E.Bono)
A donna Elena Santarelli, mia nonna (E.Bono)
Pensando al proprio paese in un giorno di maggio (E.Bono)
Sonnino (G.Ventre)
A Sonnino (I.Pennacchia)
Sonnino a primavera (I.P.)
La mia gente (U.Bernabai)
Bollicine d'estate (U.Bernabai)
Storia nostra (Grazia Bono)
Vicoli (Sonnino Racconta)
A Sonnino (Luigi Dei Giudici)
Il mio paese (Elsa Mandatori)
Sonnino (Cristina Farinazzo)
Sonnino (Giancarlo Cappadocio)
Le Torce (Antonio Cugini)
Le Torce (Dante Bono)
La festa delle Torce (D. Bono)
Vecchio e caro paese meio (D. Bono)


 in poesia


A SONNINO

di Innocenzo Pennacchia



Nella solenne quiete degli Ausoni
svettanti a te dintorno in dolce amplesso,
tra il magico candor dei mandorleti,
là, in sull'estrema balza del Ceraso,
soffice siedi e ridi, o mia Sonnino,
ambìto feudo un giorno di baroni,
di principi e di conti e di marchesi.
Grossa torre alla cima ti sovrasta,
superbo avanzo del castello antico,
ed altre torri di minore mole
stanno al recinto tuo perimetrale
intervallato da svariate porte
che fur tua sicurezza in altri tempi
contro i nemici esterni e il brigantaggio.
In quel recinto, come in un abbraccio,
si serran le tue case intono intorno
e s'aggrappano in su, una sull'altra
per stringersi dintorno all'altra torre
quasi a difernderla, o quasi ad implorare
l'alta sua protezion, così come fanno
i timidi pulcini sotto l'ala
spinti dall'impression del al paura.
Mio dolce e caro pasel natìo,
(che culla fosti di oratori insigni,
di musicisti e di nunzi apostolici,
e che i natali desti all'Antonelli
cardinal segretario di Stato)
oh! come sento di volerti bene
e nutro orgoglio d'essere in te nato,
anche se un figlio al nome tuo onorato,
con le sue infami gesta, ti fruttò
l'appellativo di covo di briganti.
Si, è ver, tu fosti covo di briganti...
E le tue mura san tutte le angosce
delle famiglie di quei malviventi,
sanno l'amaro pianto delle vedove,
sanno le stragi ed i fatti di sangue,
di rancori, di odi, di vendette;
e ciò lo sanno pure quei monti
ridotti brulli per stroncar la piaga;
e solo ciò sa il mondo del tuo nome.
Eppure io t'amo, o paesello caro,
e grido al mondo che non sei più quello
ma sol loco tranquil d'onesta gente
laboriosa, pacifica e onorata
che ha i calli a le man, per vestir 'sti monti
spogliati a repressiione di quell'odio.
Se fosti simbol d'odio e di vendetta
or sei sol dolce simbolo di pace
che emana dagli ulivi, che ti cingono
d'una fulgida aureola d'argento.